lunedì 27 ottobre 2014

THEO VAN GOGH, AMSTERDAM LO RICORDA A 10 ANNI DALL'ASSASSINIO

UCCISO DA ESTREMISTA  DOPO FILM DENUNCIA SOTTOMISSIONE DONNE ISLAM 


Il regista Theo van Ghog


E' un aniversario molto sentito quello del decennale della morte di Theo Van Gogh, il regista olandese assassinato a sangue freddo il 2 novembre 2004 mentre percorreva in bici una via nella parte ovest di Amsterdam. Chi era e perché  é stato ammazzato e, soprattutto, perché é diventato il simbolo della libertá di espressione e della lotta a ogni forma di fanatismo religioso, in particolare quello islamico? 

Theo Van Gogh, pronipote del grande pittore nonché regista, scrittore e autore tv irriverente, é un intellettuale della classe alta olandese. Sempre con la sigaretta in bocca, fa film di nicchia, a low budget. E' proprio il suo ultimo film-documentario, 'Submission', a costargli la vita. La pellicola denuncia la sottomissione delle donne in molte famiglie musulmane. Evidentemente, la pellicola non viene presa bene dalla parte fondamentalista. Theo viene ucciso tre mesi dopo l'uscita del film per mano di Mohammed Bouyen, un giovane estremista mussulmano di origine marocchina che dopo avergli sparato otto colpi di pistola, lo sgozza e gli trafigge la schiena con un coltello a cui attacca una lettera per Ayaan Hirsi Ali, la sceneggiatrice del film che ha raccolto le testimonianza delle violenze subite dalle donne poi raccontate nel film. Lo shock é generale. La sera dell'uccisione in Piazza Dam accorrono piú di 20 mila persone per una sorta di manifestazione per reagire a ció che é successo. A tutti, simbolicamente,viene chiesto di fare piú rumore possibile, in risposta alla morte del regista ''messo a tacere''. A seguire, nel parco lungo il quale pedalava prima di essere ucciso, viene eretto un monumento (nella foto in basso) dal significativo titolo ''l'Urlo'' e che rappresenta appunto un volto con la bocca aperta che sembra intento a gridare.

Il monumento creato in onore del regista che rappresenta la liberta di espressione


La morte di Theo van Gogh segna una sorta di spartiacque nella storia olandese fra quello che era stato il sogno dell'integrazione in un paese che sembrava perfetto in quanto a libertá e diritti e il muro del radicalismo piú duro, quello che non accetta critiche. Non é un caso se da qual momento in poi il l'Olanda diventa terreno fertile per un politico come Geert Wilders (una sorta di Bossi dei Paesi Bassi) che fa delle critiche all'Islam il suo campo di battaglia (recentemente Wilders é finito sulle cronache di tutti i giornali, anche a livello internazionale, per il suo discorso prima delle ultime elezioni europee in cui chiedeva alla folla se volesse o meno che si mandassero via i marocchini dal paese).

Insomma, a 10 anni dall'assassinio di Van Gogh,  la strada della convivenza fra diverse culture in questo paese (dove la componente musulmana continua a crescere fortemente) sembra piú che in salita e ancora lastricata da mille difficoltá. I 10 anni dalla morte del cineasta riaccendono la luce su un problema scottante e di difficile soluzione. 



venerdì 10 ottobre 2014

MUORE IL PAPÁ CON IL CANCRO, LA SCUOLA VARA IL 'PROTOCOLLO MORTE'



Parlare di morte con i bambini. A che etá é giusto? E in che termini?
Vi racconto l'esperienza appena vissuta da alcuni bambini fra i 4 e i 12 anni di una scuola di Amsterdam
La morte, infatti, é entrata prepotentemente e con una certa naturalitá in questi giorni a scuola di mio figlio prendendosi, per mano di un cancro, in modo assurdamente veloce, il papá di due dolcissime bimbe. Non solo l'evento in se, ma il modo in cui questo é stato affrontato dall'Istituto devo dire mi ha lasciato davvero sbalordita. Siccome, si é ragionato, le due bimbe giá quando la malattia era in uno stato ormai avanzatissimo, ne hanno parlato con i compagni a scuola, si é reso necessario -ha spiegato la direttrice in una mail- mettere a punto uno ''speciale protocollo'' su come ''spiegare'', ma anche aiutare gli altri bambini a comprendere e a interagire con quanto da lí a ''pochissimo'' sarebbe  irrimediabilmente successo. 

Una manciata di notti dopo, Jan-Willem, cosí si chiamava questo papá, se ne é andato. La notizia é comunicata ai genitori da un'altra mail ma, ai bambini delle classi che frequentano le due bimbe, é stato detto a scuola, il mattino seguente, dalle maestre. Queste hanno riunito i bambini in cerchio e a modo loro hanno raccontato cosa era appena successo. E' stato solo il primo passo verso una sorta di commemorazione che in seguito bambini, genitori, maestre hanno dedicato al papá. Inanzitutto in classe é stato messo su una sorta di altarino con foto del padre delle bimbe, candele e fiori. Affianco a questi una piccola cassetta dove i bimbi che volevano hanno potuto lasciare una lettera, un pensierino, anche solo un disegno. Nelle classi ora ci sono specali libri per bambini che parlano della morte, nella hall della scuola cé'un diario dove tutti possono lasciare scritto qualcosa per lui e che verrá dato alla famiglia.  Insomma una partecipazione completa e intensa da parte di tutti. Volenti o nolenti.

Eh si, perché, in questo turbillion di iniziative, mi sono personalmente chiesta se tutti i genitori siano stati daccordo sul modo in cui la scuola ha affrontato qanto successo. Vogliono davvero tutti che i loro figli, anche molto piccoli, entrino in contato con questo tema? Apparentemente si. Ho chiesto in giro e pare che fra i bambini, compreso il mio, quello che é successo non abbia generato alcun trauma. Ovviamente i bambini rimangono bambini e cosí di recente capita di sentire conversazioni fra di loro del tipo: '' non toccare quella pianta, so che fa venire il cancro''. L'altra sera invece mio figlio vedendomi a fine giornata tracollare sul divanomi mi chiede: ''mamma tutto ok, sei sicura che non hai il cancro?'' (ovviamente si sono susseguiti da parte mia  diversiscongiuri alla napoletana). Ma al di lá delle normali storture bambinesche, la morte, il cancro, sono entrati ormai nel vocabolario di questi bambini, sono stati in un certo senso banalizzati, normalizzati. Lasciando la sensazione che adesso la morte gli faccia, e ci faccia, un pó meno paura.